RESTA SINTONIZZATO

Su tutto ciò che concerne movimento e comportamento dell’essere umano, salute, neuroni, sviluppo motorio e neuroplasticità dallo studio/quartier generale
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La confusione che deriva dalle diete low fat non è arrivata alla ribalta da sola. È in qualche modo stata spinta, nel modo più pericoloso possibile: suffragando un idea. Un’idea che è stata trasformata in una teoria e successivamente in un dogma. È importante realizzarlo perché questa teoria tende a confonderci ancora oggi e sicuramente senza fermarci, armati di spirito critico, continueremmo a perpetrare il dogma senza per altro avere risultato alcuno.

La teoria di cui parliamo è stata “provata” usando dei metodi non basati su reale logica scientifica e con dei metodi dubbi.
Metodi basati su interpretazioni molto semplicistiche di come alcune categorie di nutrienti interagiscono con il nostro corpo.
Tutti i cibi a noi noti si compongono principalmente di tre macronutrienti:


grassi
carboidrati
proteine
Questo in sostanza è ciò che serve a darci nutrimento ed energia calcolabile se vogliamo sotto forma di calore.

I grassi sono la fonte di nutrimento più densa che abbiamo a disposizione. Possiamo trovarne in buone quantità in molti cibi altamente nutrienti come uova, pesce o carne e anche in alcuni vegetali come olive, cocco o noci di macadamia. Alcuni tipi di grassi però che troviamo soprattutto come ingredienti di cibi ultra processati non sono per nulla positivi per la salute degli esseri umani. I così detti olii vegetali che trovate sulle etichette di crackers o di biscotti sono in genere composti da grassi polinsaturi (falsamente spacciati per sani) estratti per lo più da semi di vario tipo attraverso procedimenti composti da svariate fasi.

I così detti grassi idrogenati ad esempio, che potete trovare in svariati prodotti da forno, non sono altro che grassi alterati per diventare maggiormente solidi a temperatura ambiente. Ci sono alcuni grassi, definiti essenziali che il nostro corpo non può produrre da solo e che necessita di assumere per rimanere in salute.

Ci sono anche delle vitamine fondamentali per la salute (A,D,E,K) dette liposolubili proprio perché necessitano di grassi per un corretto assorbimento. Il minimo sindacale di grassi in una dieta, secondo le linee guida internazionali, è del 20%. Abbiamo bisogno di una quota di grassi del 20% per mantenere una salute ottimale. Se ab absurdo portassimo la quota di grassi a zero rischieremmo gravi conseguenze fisiche.

Le proteine invece sono considerate fondamentali per tutte le funzioni plastiche dell’organismo.

Potremmo considerarle, come avrete sentito mille volte, dei mattoncini fondamentali per la vita. Gli aminoacidi, i costituenti delle proteine sono necessari per costruire i nostri tessuti come i muscoli o gli organi interni ad esempio.

Il fabbisogno minimo per le proteine si assesta, per le linee guida internazionali, al 15% dell’apporto energetico totale. Questo corrisponderebbe a circa 55g di proteine per l’adulto medio stimato pesare 68 chilogrammi. Se azzerassimo l’apporto proteico avremmo presto seri problemi di salute. Le proteine tra l’altro influenzano il senso di sazietà, quando non ne otteniamo a sufficienza tenderemmo a restare in uno stato di fame.

I carboidrati, come le proteine non hanno la stessa densità energetica dei grassi, ne hanno circa la metà. Tutti i carboidrati che mangiamo vengono trasformati in glucosio che il corpo può usare come energia oppure stoccare, in parte nel tessuto muscolare (o epatico), come glicogeno oppure sotto forma di grasso corporeo (fonte interessante).

I carboidrati si trovano generalmente in cibi di origine vegetale come ad esempio tuberi, radici, castagne.

Uno dei vegetali vastamente usato negli ultimi ottomila anni è il grano (derivato dal farro monococco), questo contiene un’alta percentuale di carboidrati e possiamo vederlo come un’aggiunta recente sulla scala di tempo che vede i primi ominidi comparire circa sei milioni di anni fa e l’uomo, “come lo conosciamo” (sapiens) tra i 300’000 e i 200’000 anni fa.

Ancora più nuovi e moderni sono i carboidrati altamente processati come gli zuccheri e le farine raffinate e tutti gli zuccheri che troviamo nelle bibite gasate, negli snacks, merendine, prodotti da forno di produzione industriale e via dicendo.

Nell’elenco indicato per primo sono riportati cibi contenenti carboidrati che sono sicuramente di più lento assorbimento, alla fine della lista sono riportati cibi che possono essere dannosi per la salute. In termini di salute appunto, fare delle distinzioni significa parecchio (e non solo con i carboidrati).


Il minimo di carboidrati richiesto è zero. Cioè in mancanza di carboidrati il vostro sistema può sintetizzare tutto il glucosio che gli serve. Quindi anche azzerando l’introito di carboidrati (zuccheri), al contrario di ciò che succedeva con grassi e proteine non incorreremo in carenze. Di sicuro questo non rappresenta il solito adagio che ci siamo sentiti dire per anni.

Perché allora è stato deciso e divulgato che i grassi potessero essere la prima causa di rischio cardiovascolare, obesità ed altri problemi collegati alla dieta?

Tutto dipende dalla low-fat theory che ha avuto il sopravvento dal 1950 circa, anche se all’epoca era comunque ampiamente contestata nella comunità scientifica.

Purtroppo la teoria portò con se un personaggio chiave e che influenzò la storia, il quale prese un argomento complesso e lo semplificò in modo meccanicistico e riduzionista fino a creare una bugia. le bugie ripetute molte volte si sa, suonano come delle verità. Gli indiani nei film hanno fatto i cattivi per due decenni almeno, no?

Per avere un quadro generale della situazione dovete immaginare 4 uomini in una stanza buia con un elefante. Nessuno dei quattro può vedere l’animale, il buio è totale, allora i quattro cercano di aiutarsi con il tatto. Il primo prende una zampa e dice :”è un albero!” Il secondo prende la proboscide dell’animale e esclama: “è un serpente!” Il terzo trova il fianco ed esulta: “ho capito, è un muro!” Il quarto infine afferma la coda del pachiderma per asserire: “è una…corda!” Purtroppo così facendo nessuno dei quattro uomini può avere un’idea completa dell’elefante quindi l’idea generale che ognuno si fa è completamente errata. La tendenza in cui la maggior parte della ricerca stava andando tra gli anni ‘50 e ‘60 (purtroppo la tendenza esiste ancora) era questa e così un uomo cieco, si aggrappò ad un arto dell’elefante in modo così solido da non lasciarlo più andare e anzi, con la sua influenza politica e accademica cercò di convincere tutti con la sua tesi, nonostante il costante dibattito.

Quell’uomo, come tutti sanno è Ancel Keys. Si attaccò così tanto ai grassi e particolarmente ai grassi saturi di origine animale, provenienti da fonti naturali che ancora oggi qualcuno ha paura quando mangia tre uova.

In anni recenti finalmente stiamo cominciando a recuperare ma ad un tasso molto lento ed allarmante rispetto a quanto ci servirebbe per riconsiderare le incongruenze che riguardano la salute metabolica. Basti pensare come ancora psichiatria e salute metabolica sembrino campi separati quando tutti sappiamo come sistema enterico e sistema nervoso si sviluppino contemporaneamente nell’embriologia umana e quanto una buona salute mitocondriale sia importante non solo per il nostro tessuto muscolare (qui trovate un recente spunto).


ANCEL CHI? ANCEL KEYS


Spesso resto sconcertato di come chi sostenga una tesi non la conosca affatto. Quindi storicamente è importante capire che cosa sosteniamo e se l’ipotesi dominante a livello di informazione di massa sia un ipotesi scientificamente fondata o meno.

E’ importante capire e contestualizzare teorie e ipotesi altrimenti Wallace non lo avrebbe mai sentito nominare nessuno.

Oltre l’aspetto di contestualizzazione storica serve verificare che qualcosa causi un risultato specifico, per farlo si usano generalmente tre tipi di prove a livello di evidenze .

Il primo tipo di indizi è una prova di tipo associativo.
Vale a dire : deve esserci qualche tipo di indicazione che due cose o eventi siano associati.
Qui lo chiamiamo prova, ma in un ambito di ricerca definirlo tale è molto ottimistico. In genere si tratta di legami molto deboli, al massimo ci suggerisce che ci possa essere una relazione tra due cose o eventi. Non ha nessun valore a livello causale, cioè non ci dice che una cosa causa l’altra. Per esempio ogni volta che c’è un incendio ci sono i pompieri ma non sono i pompieri ad aver causato l’incendio. Anche quando c’è legno ci può essere un incendio ma non basta il legno a provocarlo.

Il consumo di pasta nel mondo negli ultimi dieci anni è aumentato del 50% ed anche il tasso di divorzi è aumentato in misura rampante e raggiungerà un picco previsto del 78.5% entro il 2030 ma non credo che provando ad arginare il tasso di divorzi con la psicoterapia di coppia si consumerà meno pasta. Le prove associative quindi non sono abbastanza per provare una causalità, possono servirci magari a stabilire se ci siano delle relazioni ma le relazioni andrebbero sempre esplorate attentamente altrimenti si rischia di mettere i pompieri in carcere, come piromani e non abbassare il tasso di mortalità per incendi, come nel nostro esempio di prima. Purtroppo nel così detto “cherry picking” usato in molti studi, soprattutto in ambito nutrizionale si prendono delle evidenze associative pur di avere delle evidenze.

Il secondo tipo di indizi è quello fornito da prove del meccanismo d’azione. Con queste serve dimostrare che le cause abbiano senso a livello tecnico cioè che sia fisiologicamente possibile che una cosa ne causi un’altra. In ogni caso questa prova da sola non è significativa, specialmente se c’è un grosso interesse a difendere delle teorie piuttosto che altre. Molto spesso le prove meccanicistiche si usano per difendere dei dogmi, senza voler realmente approfondire ma accettandole per come sono state vendute, in modo da non criticare mai un’ipotesi specialmente se si tratta dell’ipotesi dominante su cui si sono costruiti imperi.

Il terzo tipo di indizi sono le prove o evidenze sperimentali. Quando si parla di medicina ad esempio questo si riferisce ad un evidenza ottenuta da uno studio clinico controllato randomizzato (RCT- Randomized Controlled Trial), considerato il gold standard per determinare cause ed effetto senza distorsione o pregiudizio che potrebbe influenzare i risultati di una ricerca in modo non rappresentativo o inaccurato.

In un RCT in genere si cambia un singolo fattore per dimostrare che un netto cambiamento prende atto, in questo modo possiamo sostenere che ci sia una relazione causale. È l’unico riferimento che può funzionare tecnicamente anche da solo. Il problema in genere, quando lo si usa come unico termine è che l’esperimento stesso sia stato progettato in modo poco accurato, che ci siano delle interferenze di alcuni fattori magari non considerate o che siano cambiati più fattori nello stesso esperimento e non soltanto uno.

In genere per avere un ipotesi forte questi tre tipi di indizi dovrebbero essere contemporaneamente d’accordo. Dei tre citati, come avrete capito le ipotesi fondate sul punto di vista associativo sono le più vacillanti e le più pericolose su cui fondare una teoria. In genere infatti viene considerata come l’evidenza più debole.

Così possiamo introdurre il vero problema col signor Ancel Keys:

colpevolizzare i grassi alimentari, soprattutto i grassi saturi come fonte delle problematiche cardiovascolari fu fatto quasi esclusivamente con dati riferiti ad evidenze associative.

(NOTA: Sarebbe bene considerare che l’infausta tradizione viene perpetrata sino in tempi recenti per chi continua a perorare l’accademia, senza poi andare VERAMENTE analizzare ciò che legge: lo scandalo Lancet del 2020, l’articolo di Nature pubblicato il 18 Luglio 2023:
https:// www.nature.com/articles/d41586-023-02299-w, le dimissioni di MarcTessier Lavigne da Stanford il 19 Luglio 2023 e lo scandalo F. Gino che da Agosto ‘23 tormenta Harvard e chi legge di psicologia comportamentale regolarmente)

UN DISASTRO DI ASSOCIAZIONI

Ancel Keys come individuo, credeva profondamente che i grassi alimentari, particolarmente i saturi, fossero la causa delle patologie coronariche (CHD).

Rinforzò la sua idea sottolineando l’associazione tra patologie cardiovascolari e grassi alimentati anche se negli anni ‘50 le patologie coronariche erano associate più facilmente con altre cause come il consumo di zuccheri e la latitudine/esposizione solare durante l’anno. Nessun ricercatore all’epoca si sarebbe però azzardato ad arrivare ad una conclusione basandosi soprattutto su un evidenza associativa.

Ancel Keys invece lo fece, e la maggioranza dell’opinione lo seguì in un salto nel buio.

La teoria di Keys era nota come la diet-heart hypothesis, la teoria sosteneva di base che alti livelli di grassi saturi nella dieta, aumentassero il tasso di colesterolo nel sangue e di conseguenza, alti livelli di colesterolo accrescessero il rischio di danno cardiovascolare.

Potremo scendere nei dettagli più avanti, ma è mai possibile che una credenza sul colesterolo abbia fregato il mondo intero per cinquant’anni?

Per suggellare e autenticare la sua teoria Ancel mise assieme il suo Six Countries Study.

In questa confezione di statistiche prese in esame la percentuale di grassi presenti nella dieta, in sei paesi da lui scelti (Stati Uniti, Giappone, Italia, Inghilterra e Galles, Canada e Australia) e il tasso di morte per patologie cardiovascolari (CHD). Qui ovviamente poté osservare delle correlazioni, ma questo come prendevamo in esame inizialmente, da solo, non basta a sostenere un’ipotesi. Come anticipato, Ancel Keys, aveva anche scelto quali nazioni utilizzare nello studio, l’opposto di ciò che dovrebbe accadere in uno studio randomizzato in cui i partecipanti allo studio sono scelti appunto secondo un ordine randomico in modo da prevenire eventuali pregiudizi, parzialità o addirittura influenze. E se guardassimo tutti i dati disponibili da A. Keys al tempo in cui fu effettuato lo studio? 

Yerushalmy, J. and Hilleboe, H.E. (1957) Fat in the Diet and Mortality from Heart Disease. A Methodologic Note. New York State Journal of Medicine, 57, 2343-2354.

Dal grafico di Keys si evince come i punti sul grafico qui accanto riportato che rappresentano Le varie nazioni prese in esame siano stati scelti con la così detta tecnica del “cherry picking” per corroborare una tesi che era basata su ipotesi e assunti di tipo associativo.

Anche se un eventuale associazione tra grassi alimentari e patologie cardiovascolari avrebbe significato ben poco, possiamo osservare come comunque non ci fosse una coerente e costante associazione già in prima battuta.

A Keys però importava più perorare il suo credo e la sua analisi su sei paesi e così non andò molto lontano. Fu infatti umiliato ad un convegno della WHO e in risposta fu pubblicato l’articolo di Yerushalmy e Hilleboe già citato. In tutta risposta Ancel Keys progettò ed eseguì il Seven Countries Study.

Prese in analisi i dati su dieta e patologie di Stati Uniti, Giappone, Italia, Finlandia, Olanda, Jugoslavia e Grecia. Questo studio avrebbe portato i grassi sulla scena del crimine condannandoli poi per molti anni a venire. Esperimenti e studi scientifici, purtroppo, come abbiamo visto anche in tempi molto recenti, possono essere utilizzati per raccontare la verità che più ci aggrada. Se il risultato non ci aggrada i dati possono essere torturati con la statistica per fargli dire ciò che si vuole.

Scegliendo anche stavolta le sette nazioni Ancel poteva predire con ampio margine il risultato dello studio. Non c’è ora il tempo per riprendere ogni passaggio del Seven Countries Study; il punto principale è che anche questa volta tutto si basava su delle evidenze associative coadiuvate dal solito “cherry picking” riguardante la scelta delle nazioni.
Lo studio, su sette nazioni includeva soltanto 12700 uomini, nessuna donna e prendeva in esame solo una percentuale delle informazioni relative alla nutrizione di questi individui maschi. Ci sono però studi più moderni e recenti che analizzano un numero magari maggiore di uomini e donne? Uno studio che magari coinvolga anche un numero maggiore di nazioni in modo da non condurre a risultati quantomeno parziali? Uno studio che anche con delle evidenze associative sia almeno in grado di analizzare le associazioni fatte per la redazione di una revisione.

Se il risultato non ci aggrada i dati possono essere torturati con la statistica per fargli dire ciò che si vuole.

Nell’Agosto 2017 i risultati dello studio “Prospective Urban Rural Epidemiology” (PURE) furono pubblicati. Questo studio durò 7 anni e utilizzo metodi e tecnologie moderne per esaminare le stesse questioni che aveva esaminato Ancel Keys, riguardanti grassi alimentari e colesterolo.

Questo studio (PURE) prese però in esame 135’355 individui, uomini e donne presi tra diciotto nazioni. Quindi sostanzialmente uno studio del tutto simile a quello di Keys ma più ampio e aggiornato.
Lo studio del 2017, PURE, arrivò alla conclusione che ne le patologie cardiovascolari ne la mortalità generale potessero essere associate al consumo di grassi totale o al consumo di grassi saturi. Infatti nello studio un alto tasso di grassi saturi nella dieta sembrava addirittura associato ad un minor numero statistico di ictus. I carboidrati però non performarono così bene. Apparentemente una maggior quota di carboidrati nella dieta poteva essere associato ad una mortalità più elevata. Come la American Heart Association accettava tacitamente da uno studio del 2015 “heart disease and stroke statistics” basato sulle statistiche di un campione di 344’696 persone,uomini e donne.

Sfortunatamente cinquant’anni di fobia dei grassi avevano intanto fatto danni enormi alla nostra percezione della relazione tra dieta e patologie. Il libro “The Big Fat Surpise” della giornalista Nina Teicholz, racchiude sicuramente una lettura storica accurata della vicenda di Ancel Keys.

Anche l’incipit del libro “Good Calories, Bad Calories” di Gary Taubs riporta in maniera giornalisticamente accurata questa vicenda.

Sicuramente i grassi saturi sono stati a lungo demonizzati. Più avanti in questa discussione vedremo comunque come alcuni studi mostrino come più grassi saturi nella dieta possano diminuire il rischio di infarto.
Ma vuol dire che i grassi saturi svolgono un ruolo protettivo sulle patologie cardiovascolari? No e si.


Cioè, come dicevamo prima se ci sono evidenze associative e niente altro, non possiamo trarre nessuna conclusione, al massimo potremmo usare queste ipotesi associative a corollario di eventuali ipotesi più forti, così come lo studio PURE del 2017 ha brillantemente sottolineato. 

SI PUÒ IGNORARE LA REALTÀ IN UN ESPERIMENTO 

“Dottor “Frankenstein” o “Frankestin” non ignorarmi ti prego!”

Un evidenza causale relativa ad un esperimento è la prova più forte che possiamo avere. Potrebbe da sola costituire un evidenza sufficiente per validare una teoria.
Dove troviamo allora tutte queste prove causali che hanno portato il mondo intero a seguire il dogma “low fat” e di una dieta povera di cibi animali? Difficile dirlo, visto che evidenze causali non ce ne sono.
Vero è che purtroppo durante gli anni’60 e ‘70 furono pubblicati parecchi studi clinici randomizzati controllati ben fatti relativi al consumo di grassi alimentari ed alle patologie cardiovascolari che però furono ignorati. Il problema di questi studi era che mostravano come i grassi alimentari non fossero direttamente collegati ai problemi cardiaci.

Uno studio del 1973, degno di nota si vide pure negare la pubblicazione dei propri risultati perché lontani dalle aspettative (I.D. Frantz Jr. Te al., “test of Effect of Lipid Lowering by Diet on Cardiovascular Risk: The Minnesota Coronary Survey” Arteriosclerrosis 9, no. 1 (1989):129-35)
Lo studio in questione appunto fu pubblicato in una modesta rivista nel 1989, sedici anni dopo il completamento della ricerca.
Come racconta il principale attore dello studio Ivan D. Frantz Jr. : “Eravamo delusi dai risultati dello studio”.


Altri studi clinici randomizzati controllati relativi alla relazione tra dieta e salute cardiaca furono pubblicati negli anni ‘80 e ‘90. L’obiettivo di questi studi sembra essere il trovare anche il minimo problema con i grassi alimentari. Centinaia di milioni di dollari furono investiti per avere i risultati necessari.

Tra questi lo studio più rilevante fu eseguito, tra l’altro con un costo enorme (alcune centinaia di milioni di dollari), per una durata di circa dieci anni. (B.V. Howard et al., “Low-Fat Dietary pattern and Risk of Cardiovascular Disease” JAMA 295, no 6 (2006): 655-66.) In questo l’apporto di grassi veniva mantenuto al 20%, di questo 20% solo un 7% derivava da grassi saturi.
Cosa risultò da questo intervento? Nessun miglioramento nel tasso di patologie cardiovascolari o nessun tipo di beneficio rilevante a livello della salute. Dal punto di vista dell’interesse dietro allo studio fu un colossale fallimento.
Certo, i livelli di LDL furono ridotti significativamente, ma come impareremo a capire i livelli di LDL da soli sono dei predictor di rischio molto deboli. Con una dieta “low-fat” i livelli di colesterolo HDL (lipoproteine a ad alta densità) trigliceridi, glucosio ed insulina non subirono variazioni significative rispetto al gruppo di controllo. Questi ultimi sono dati biometrici rilevanti che avrebbero dovuto essere al centro dell’attenzione invece tutto si concentrò solo su colesterolo LDL e colesterolo totale.


Molti altri grossi studi e trial ebbero risultati simili ma comunque del tutto inutili dato che la fotografia fatta risultava comunque parziale. Smisero dunque di provare che una dieta “low-fat” fosse efficace ma non smisero di proclamarlo. Le autorità continuarono a produrre propaganda per le diete “senza” grassi senza avere poi come abbiamo visto prove tangibili per incriminare l’imputato. Ma vediamo cosa venne impiegato per soppiantare i tanto demonizzati grassi saturi…una sostanza che solo oggi è stata vietata per il consumo umanavo e catalogata come tossica.
(US FDA https://www.fda.gov/food/food-additives-petitions/final-determination-regardingpartially-hydrogenated-oils-removing-trans-fat)

GRASSI PARZIALMENTE IDROGE…CHE? PER GLI AMICI : “COME RISOLVERE UNA QUESTIONE INESISTENTE FACENDO PIÙ DANNI

I grassi saturi, presenti in carne, pesce, burro, olive etc. sono stati consumati dagli esseri umani per centinaia di migliaia di anni. Ma quando il suffragio delle diete low-fat mise i grassi saturi in cattiva luce bisognava fare qualcosa. Soprattutto trovare una soluzione che fosse vendibile come alternativa. L’alternativa più economica e prontamente disponibile erano i vari oli di mais e soia, tra gli altri, però c’era un problema.

Questi oli sono molto instabili, quindi non si conservano a lungo e non danno al cibo quella consistenza che invece i grassi saturi possono dare.

L’industria alimentare per fortuna aveva la soluzione. Nei primi del 1900 l’industria capì come convertire l’olio di semi di cotone in un prodotto semisolido e stabile, attraverso un processo noto come idrogenazione. Chiaramente occorrevano grosse strutture industriali per farlo.
Alte temperature, pressione e solventi potevano trasformare i grassi vegetali in qualcosa di più stabile e solido e naturalmente tossico (margarine?). Ma nessuno a quel tempo “forse” se ne rese conto.

Lasciateci il beneficio del dubbio.

Oltre ad avere un prodotto solido e con una longevità nettamente maggiore, il prodotto era anche poco costoso in termini di produzione. Così dal 1911 ottenemmo la possibilità di mangiare olii vegetali processati industrialmente, noti come olii parzialmente idrogenati. Il processo di idrogenazione crea delle molecole chiamate grassi trans che come oggi sappiamo sono invece direttamente correlati alle patologie cardiache.
Quindi al momento della divulgazione della crociata di Ancel Keys, questi grassi trans, prodigio della modernità, furono utilizzati proprio per sostituire i grassi saturi. Ironicamente anziché migliorare la situazione fu buttata benzina sul fuoco. Macabra ironia.

Negli anni ‘80 specialmente nei paesi anglosassoni il mercato fu inondato da prodotti contenenti grassi trans. Chiaramente l’impatto che queste sostanze ebbero sulla salute umana è difficilmente quantificabile. Sicuramente da quando abbiamo le classiche linee guida, con piramidi alimentari e quant’altro la salute metabolica non è migliorata e sicuramente patologie cardiache e ictus sono ancora a livello mondiale la causa di morte numero uno. Tutti ci ricordiamo le margarine vegetali e ancora oggi abbiamo sugli scaffali prodotti low-fat, molti dei quali sono insipiditi con zuccheri o dolcificanti artificiali su cui potremmo sollevare ulteriori dubbi. In ogni caso cibi mai esistiti nella storia dell’uomo.

Ecco qui sopra, osservate come su un semplice asse temporale, gli ultimi cento anni risultino inesistenti ai fini di una rappresentazione grafica. In realtà questi cento anni, apparentemente non rilevanti a livello statistico hanno sancito un’accelerazione rapidissima in termini di adozione di cibi e sostanze che non erano mai entrate in contatto con la nostra storia evolutiva sul pianeta.
Hanno quindi un grande peso a livello di salute e possiamo veramente trovare l’intenso quando parliamo di abitudini lontane dal lignaggio genetico umano. In ogni caso come abbiamo visto dagli anni 2000 è finalmente cominciato un processo di messa al bando dei grassi trans a livello mondiale, iniziato dalla Danimarca ma in cui anche la Svizzera ha avuto una certa sensibilità.
(https:// www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1567568806000365)

Quando si cominciarono a rimuovere i grassi trans dall’industria alimentare non ci fu però un apologia sui grassi che naturalmente sono sempre stati presenti nell’alimentazione umana. L’industria alimentare sta quindi cercando di rimpiazzare i grassi parzialmente idrogenati con:
*Oli di semi modificarti
*Oli di semi geneticamente modificati
*Oli di semi interestificati

Dei nuovi grassi “venuti dallo spazio” in soldoni, fatti con nuovi procedimenti chimici a livello industriale. Probabilmente per vedere quanto questi siano nocivi per gli esseri umani dovremmo avere pazienza visto quanto abbiamo appena detto dei grassi trans. Oltre al processo di idrogenazione ci sono comunque moltissime questioni che restano aperto terreno di dibattito sugli oli vegetali. È davvero appropriato consumare grosse quantità di oli vegetali, o sarebbe meglio consumare altro per avere una sana quota di grassi nella dieta? 

E SE DEVO RIMPIAZZARE DEI GRASSI PERCHÉ NON USARE PIÙ ZUCCHERI?

Vero che anche nel baseball il campionato si chiama “World Series”…

Dalla fine degli anni ‘70, dal 1977 per la precisione, la propaganda socio culturale attraverso i Dietary Goals for the United States sancì l’inizio di “almeno il 50-60% dell’ introito energetico quotidiano deve venire dai carboidrati”. Ovviamente i grassi sono molto palatabili,
se devo sostituirli degli zuccheri potrebbero comunque fare al caso…
Per l’industria alimentare questo significava una nuova opportunità di mettere sul mercato nuove fonti di zuccheri processati.

E così fu.

Furono iniettati nell’industria alimentare una quantità di farine e zuccheri raffinati come il temuto sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio che trovate spesso in etichetta come sciroppo di glucosio-fruttosio ( HFCS) ottenuto per idrolisi enzimatica o acida dall’amido di mais (ma spesso anche di frumento).

Ovviamente questi prodotti dal grande potere dolcificante potevano essere usati in merendine, prodotti da forno, bibite e chi più ne ha più ne metta dato che senza poter usare troppi grassi c’è bisogno di rendere comunque i cibi più allettanti e “addictive” per i clienti.

Nacque così un era dove il consumatore era sempre più affamato dalle montagne russe insuliniche prodotte dai cibi raffinati che anche se venduti a buon mercato furono venduti in quantità tale da fruttare enormi somme alle multinazionali dell’industria alimentare.

Ovviamente grazie a questo tutte le problematiche croniche e subcroniche derivanti dall’insulino resistenza e dalla così detta sindrome metabolica furono sfruttate anche dall’industria farmaceutica che doveva mettere a punto farmaci per un consumatore sempre più “affamato” e sempre meno responsabile.

Era bastato sostituire ai grassi da sempre usati, burro, lardo, uova dei grassi trans e dei cereali raffinati.

IL FUGGI FUGGI GENERALE

Se vi avessero detto che il testimonial della catena di ristoranti più diffusa al mondo sarebbe stato un pagliaccio ci avreste creduto?

Dopo essere scappati dai grassi saturi naturalmente presenti negli alimenti possiamo iniziare a realizzare che siamo scappati da qualcosa che non ha mai davvero rappresentato un problema in prima istanza, ma che addirittura è stato rimpiazzato da sostanze problematiche e potenzialmente dannose per la salute umana.

Il problema è che ormai ci hanno inculcato socialmente che la colazione è il pasto più importante della giornata, che le uova e la carne rossa uccidono e che senza carboidrati il cervello non funziona. Soprattutto dal secondo dopoguerra ad oggi gli americani hanno dominato con l’importazione della loro cultura in tutto il mondo. In Italia giocavamo ad indiani e cowboys mica a Garibaldi e alla terza guerra d’indipendenza.
A Roma in centro o a Parigi ci sono i ristoranti di McDonald’s e Hollywood si è imposto su ogni industria cinematografica nazionale. Diciamo quindi che se andiamo a vedere un po’ cosa pensa questo popolo, “importatore di democrazia” ci accorgeremo che il 36 percento degli Americani crede agli UFO ma solo un 25 percento è convinto che non ci sia un collegamento causale diretto tra grassi saturi e patologie cardiache.

Quindi vuol dire che a livello di cultura popolare siamo più propensi a credere che forme di vita non umane visitino il pianeta di tanto in tanto piuttosto che credere che non ci sia una relazione diretta tra grassi saturi e problemi cardiovascolari.

Come abbiamo visto attraverso la rappresentazione grafica ad istogramma, significa colpevolizzare quegli alimenti che ci hanno accompagnato nell’evoluzione umana piuttosto che guardare con più sospetto quegli alimenti che hanno modificato gli ultimi cento anni della nostra storia alimentare.

C’ERA UNA VOLTA UN RAGAZZO DI NOVANTASEI CHILOGRAMMI

Conoscevo un ragazzo poco più che ventenne di circa 96 kg.

Sicuramente era stato sovrappeso per tutta la sua infanzia ed aveva usato il cibo per compensare molte insicurezze e mancanze, come oggi fanno tutti i ragazzi.

Sicuramente non aveva mai fatto un collegamento tra salute mentale e salute metabolica. Tanto si sa che sono tutte cose da gente che fa preghiere alla madre terra scuotendo dei cristalli di quarzo mentre brucia incenso.

A tal proposito consiglio la lettura di “Brain Energy” di C. Palmer.

Beh, a un certo punto qualcuno o qualcosa suscitò la curiosità del ragazzo che provò ad eliminare zuccheri e cibi raffinati dalla dieta, oltre ad intraprendere un percorso di movimento consapevole in modo da lavorare su di sé.

Morale della storia dopo un annetto circa il ragazzo stava molto meglio a livello psicologico, si sentiva più propositivo, energetico ed aveva anche perso una ventina di chili.

Tra l’altro poteva mangiare uova e pancetta la mattina, ordinare una bistecca fiorentina quando usciva a cena e cucinare con ghee e burro. Tutte cose che non solo non l’avevano ancora ucciso d’infarto ma l’avevano aiutato a non cadere nel tunnel dei gelati confezionati delle torte e dei piatti di pasta da mezzo chilo.

“Coloro che hanno problemi cardiovascolari che non hanno ricevuto una diagnosi di diabete o prediabete semplicemente non hanno ricevuto alcuna diagnosi” _Dr. Joseph R. Kraft

Joseph R. Kraft, MD era un medico e patologo che ha ricoperto la carica di Presidente del Dipartimento di Patologia Clinica e Medicina Nucleare presso l’Ospedale St. Joseph di Chicago, Illinois, per 35 anni, e è stato nominato Presidente Emerito al momento del suo pensionamento, la lettura di “Diabetes Epidemic & You” è consigliata a tutti coloro che intendono approfondire la questione.

A task proposito consiglio di leggere anche il meno datato “Why we get sick” del Professor Benjamin Bikman per esplorare le questioni relative all’insulino resistenza.

7 CHILI IN 7 GIORNI? LE COMICHE? LE COLICHE?

Diciamo le comiche ma dal mal di pancia direi le coliche!

Se guardiamo alla maggior parte delle diete proposte a livello planetario osserveremo che sono spesso poco pratiche.

Molti pasti al giorno, tutto il cibo pesato, tanti alimenti difficili da reperire.

Osservando meglio potremmo notare che non tutti questi approcci nutrizionali hanno come obiettivo a lungo termine quello di cambiare le abitudini delle persone.

Anzi: “mangia tutto quello che mangiavi prima, ma meno”, “mangiare di tutto ma con moderazione”.
Tutte frasi con cui si vuole dire tutto e niente.

Inoltre non tutti gli individui che intraprendono una dieta hanno problemi di peso. Ci sono individui normopeso che per ragioni di salute avrebbero bisogno di cambiare le proprie abitudini. Ogni regime alimentare dovrebbe avere due elementi fondamentali.

In prima istanza: aiutarci a regolare il nostro senso di fame e sazietà.

Sicuramente questo dipende anche dalla regolazione dei nostri ritmi circadiani. Però tutti vediamo costantemente quei piani alimentari che ci chiedono di mangiare meno, quantificando tutto attraverso delle calorie, quindi meno calorie e più esercizio fisico, ignorando che non siamo un sistema termico chiuso,come una bomba calorimetrica, ma un sistema biologico aperto…dettagli?!

Altro fondamentale elemento sarebbe quello di guadagnare una decente flessibilità metabolica, cioè essere in grado di utilizzare i grassi come combustibile preferenziale.

Questo ovviamente non possiamo ottenerlo in una notte visto che da sempre ci hanno inculcato che cereali e carboidrati devono essere il substrato energetico da favorire, contrariamente all’evidenza della densità nutritiva dei micronutrienti e degli alimenti.

I GRASSI RENDONO GRASSI QUINDI CON POCHI GRASSI DIMAGRISCI E SEI SANO

Dal titolo del paragrafo possiamo intuire quale sia il mito, duro a morire, che vorremmo esaminare.

Dagli anni ‘50 agli anni ’70 a livello del mondo occidentale i regimi dietetici più consigliati erano regimi low-fat, con pochi grassi. Questi consigli vanno ridimensionati ali contesto in cui storicamente sono stati proposti e come si sono affermati, dato che Ancel, Keys, come abbiamo visto non aveva grossi meriti in ambito di ricerca ma aveva sufficienti conoscenze per affermare la sua personalità.

Ancel Benjamin Keys impresse infatti la sua ipotesi a Paul Dudley White, membro fondatore dell’AHA (American Heart Association). White all’epoca si occupava nientemeno che di Dwight Eisenhower (allora presidente degli US) che subì il suo primo infarto nel 1955 e morì di insufficienza cardiaca nel 1969. Purtroppo questa corrente di pensiero che spinse per un consumo di margarine vegetali, zuccheri raffinati e pochi grassi nella dieta promosse i risultati che vediamo oggi nel mondo americano dove un 88% della popolazione non è sana a livello metabolico. Come sappiamo questo dagli USA è stato esportato sicuramente meglio della “democrazia” anche nel vecchio continente.

I punti forti della vendita di questa teoria erano:

*I grassi hanno 9 calorie per grammo mentre i carboidrati 4, quindi mangiare meno grassi e più carboidrati diminuirà l’apporto calorico totale

*I grassi causano patologie cardiovascolari e le patologie cardiovascolari sono associate con l’obesità quindi i grassi alimentari e l’obesità sono correlati

*culturalmente poi, si chiamano “grassi” quindi probabilmente “fanno ingrassare”

Potremmo andare avanti ma a livello logico non ci distanzieremmo molto dallo standard dei tre esempi elencati.
Quindi cosa fu davvero ignorato in questo modo di ragionare semplicista e riduttivista ?

Per cominciare non fu preso in considerazione il funzionamento del metabolismo umano.
Il peso corporeo è controllato da un sofisticato sistema ormonale che lavora con il nostro sistema enterico ed il nostro sistema nervoso centrale. La quantità di grassi che mangiate non è così rilevante a meno che non li associate anche ad una grande quantità di carboidrati. Soprattutto perché entrambi possono essere usati come “carburanti” ma magari ne parleremo meglio più avanti.

Peraltro il fatto che i grassi siano una fonte di energia più concentrata ci induce a raggiungere prima il senso di sazietà quando consumiamo grassi. La questione delle calorie è veramente un punto poco rilevante o che può diventare rilevante quando parliamo di approcci estremi a livello di volume energetico introdotto col cibo.

Ci sono diversi benefici nell’ utilizzare i grassi a scopo energetico consumando una dieta povera di zuccheri e ricca di grassi. Ci sono oltre cinquanta studi che attraverso l’evidenza sperimentale suffragano questo fatto.
(Public Health Collaboration, “A summary table of 53 randomised controlled trials of low-carb-high-fat diets of less than 130g per day of total carbohydrate and greater than 35% total fat, compared to low-fat diets of less than 35% total fat compiled by the Public Health Collaboration”-

https://phcuk.org/wp-content/uploads/2016/04/Summary-Table-53-RCTs-Low-Carb-v-Low-Fat.pdf )

Le ragioni sono svariate, una delle più importanti dipende dall’insulina, l’ormone di deposito più importante che abbiamo. Anche una persona magra porta con se la maggior parte dell’energia di riserva sotto forma di grasso corporeo.

Infatti è il grasso corporeo ( btw il grasso non è solo materia inerte, citochine anyone?) che potrebbe permetterci di superare una carestia e sopravvivere per molte settimane o mesi senza cibo. La nostra specie si è evoluta grazie a questa forma di “carburante”. In contrasto la scorta di carboidrati che abbiamo sotto forma di glicogeno muscolare ed epatico si esaurisce in circa 24 ore. Per un lungo periodo della nostra evoluzione questa è stata la norma che ci ha permesso di adattarci anche a momenti in cui il cibo scarseggiava. Basti pensare alla così detta glaciazione di Würm terminata circa 12000 anni fa che ebbe il suo picco circa 20000 anni fa ma che iniziò circa 110000 anni fa. Giusto per citare uno dei momenti difficili nella storia dei Sapiens. Il fatto che dei grassi come i grassi saturi, presenti in natura possano essere nocivi per l’uomo è una nozione distorta senza basi a livello evoluzionistico umano né tanto meno a livello di fisiologia.

I grassi in natura si trovano in cibi estremamente densi a livello nutritivo. I grassi parzialmente idrogenati come abbiamo visto sono privi di qualsiasi nutriente, funzionano per darci energia, ma non si trovano in alimenti con aminoacidi essenziali, grassi essenziali, vitamine liposolubili, vitamina b, colina. Se consumiamo grassi provenienti da alimenti da sempre presenti in natura possiamo essere sicuri di avere uno stile alimentare che ci dia sazietà e nutrimento, rispettando una dieta specie appropriata, che non ha mai visto barrette, cereali per la prima colazione o oli vegetali parzialmente idrogenati nel novero.

BRUCIA LE CALORIE, BRUCIARE, JANE FONDA, ZUMBA E SPINNING!

“Muovete quelle chiappe ciccioni!” “Mangiare poco e di tutto!” “Dieta equilibrata”…e cazzate così

Come si diceva “muoviti di più e mangia meno”.
“Basta ridurre le quantità, mangiare di tutto, con moderazione e muoversi di più”.

Tutti claims e slogan tipo “se consumerai meno grassi sarai più magro”
che sembrano avere semplicisticamente senso ,ma che perdono di vista i veri obiettivi di un intervento comportamentale.
Non solo, ignorano anche la realtà del metabolismo umano. Analizziamo la prima preposizione con calma:

Muoviti di più: l’esercizio fisico ha molti pregi, ma il controllo del peso non è uno di questi

(https://academic.oup.com/ije/article/42/6/1831/737866).

Muovendosi di più dovresti consumare più energia, fantastico.

Aumenterà però il mio appetito di conseguenza.


Il mantra di “muoviti di più” funziona nel lungo periodo solo se riduco “le calorie”, quindi mano a mano arriveremo ad un plateau oltre il quale non sperimenteremo risultati in termine di dimagrimento, salute o della tanto millantata ricomposizione corporea.
Da qui le così dette yo-yo diet, insostenibili e frustranti. Le persone che vanno a correre tre volte a settimana per un’ora e dopo un periodo iniziale restano sempre uguali fisicamente.

Mangia di meno : mangiare meno per certi versi ha sicuramente dei benefici, davvero consumiamo tantissimo cibo (di scarsa qualità) nella società moderna. Purtroppo una sana magrezza non fa parte dei benefici di “mangiare meno” semplicemente.

Mangiare meno cibi artefatti e processati e mangiare più cibi nutrienti con un potere saziante migliore sarebbe già un consiglio sensato.

Un consiglio adatto a far ragionare. Perché qui di verità in tasca non ce ne sono. Ma se riuscissi a farvi sorgere qualche dubbio forse qualche risposta ve la dareste da soli.

Insegna ad un uomo a pescare e lo sfamerai per tutta la vita si dice in tono quasi evangelico.
Devo dire che da ateo mai sono stato tanto d’accordo con questa affermazione.

Affermazione che presuppone però che ci sia un’economia di sussistenza alla base dell’esistenza umana.

Ogni giorno devo adoperarmi per procurami quelle risorse che mi occorrono. Ogni giorno devo impegnarmi affinché questo avvenga. La soddisfazione che ne deriva sarà profonda perché radicata nelle nostre radici antropologiche lontane da un’economia di produzione. Saremo noi a dover provvedere a noi stessi. La teoria del “mangia meno e muoviti di più” non funziona perché presuppone che gli esseri umani siano dei sistemi termici chiusi, quando siamo dei sistemi biologici aperti. Repetita iuvant!

Non siamo macchine ma organismi controllati da neurotrasmettitori, ormoni, peptidi, sistema immunitario. Il vecchio adagio “mangia meno e muoviti di più” ignora la fisiologia e la biologia dell’organismo umano.

Dando anche una valenza alle calorie, per avere almeno una stima quantitativa, pensate che 2500 kcal al giorno di Mc Donald per due anni e 2500 kcal al giorno per due anni di carne, pesce, uova, qualche frutto (tutto ciò che ha i semi è frutta specifico, per chi ancora chiama le zucchine verdura) abbiano lo stesso effetto su di voi?

Non possiamo quindi ignorare i meccanismi fisiologici che controllano il senso di fame e sazietà, né possiamo ignorare o sorvolare sulla qualità degli alimenti che assumiamo.

Per questo la maggior parte delle diete che si basa sul conteggio delle calorie è per la maggior parte delle persone un fallimento. (https://www.researchgate.net/publication/6359969_Medicare’s_Search_for_Effective_Obesity_Treatments_Diets_Are_Not_the_Answer)

Si cerca di implementare cambiamenti insostenibili, contro la natura umana in modo del tutto semplicistico. Così come si sono messi i carboidrati alla base della piramide alimentare ignorando il complesso sistema psiconeuroendocrino e immunologico. Patologie metaboliche, obesità, infarti, diabete ANYONE?

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